Una teatralità cinematografica

In questa controversa e confusionaria storia, nulla è lasciato al caso, si tratta infatti di una storia in cui ne viene raccontata un’altra, in cui l’autore si pone allo stesso piano dei personaggi, interpretando un io narrante che riempie gli spazi vuoti del film. Racconta con 3 diverse voci del ritrovamento di un documento secondo il quale un Indiano sarebbe capace di vedere anche con gli occhi bendati. Il modo in cui vengono raccontate queste vicende però è quasi infantile, le parole finiscono  per sottolineare la messinscena che si sta compiendo alle spalle del narratore, troviamo infatti personaggi che si muovono tra carrelli, set che vengono smontati e gli attori sembrano essere dei grandi burattini al lavoro per una recita noiosa ma allo stesso tempo frenetica. Durante tutta la narrazione non prevale un senso di stupore ma bensì di noia e incredulità per ciò a cui si assiste. Qui si voleva far omaggio ad un grande scrittore inglese, rievocando i suoi scritti sotto forma di cortometraggi, ma il prodotto non rende omaggio a tali opere, anzi potrebbe invogliare lo spettatore ad accantonare per sempre l’idea di poterne leggere uno.

Manuel Serra

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